Powered By Blogger

domenica 31 luglio 2011

la vera storia della piccola fiammiferaria


A.C. di anni 65 giunse alla mia osservazione nella primavera dell’anno ‘99 per un disturbo depressivo  non meglio specificato nosograficamente. Separata,tre figlie,vive di  pensione sociale e dell’aiuto della mensa dei poveri.
 In anamnesi è presente una familiarità positiva per disturbi dell’umore ( il padre e il fratello sono morti suicida).
 Questa che segue è la sua storia che all’epoca ebbi modo di trascrivere.
 La paziente presenta un abbigliamento di aspetto alquanto trascurato e, tra le lacrime, confessa di essere stanca della vita e di avere paura di farla finita per sempre. Conserva tuttavia nell’eloquio una sorta di dignitoso pudore  che ci rimanda ad una sensibilità d’altri tempi.
 (in grassetto le sue testuali parole)
A.C. nasce nel 1937 da genitori contadini, in provincia di Napoli secondogenita di 10 figli di cui 5 sono morti in tenera età per cause infettive. A causa delle  condizioni fisiche, ero gracile e non forte di salute, all’età di 10 anni fu mandata in colonia estiva in Francia, anche perché poi a me non piaceva lavorare la terra. Quando fece  ritorno  preferì andare a lavorare come serva da una signora molto ricca in via Egiziaca a Pizzofalcone. Quest’ultima la trattava molto bene anche se la obbligava a turni di lavoro massacranti e tuttavia rimase al suo servizio per circa 10 anni mi pagava molto poco e mi faceva faticare tantissimo. Però devo dire che io là mangiavo due volte al giorno e avevo pure un letto tutto per me con le lenzuola pulite. Nel 1956, all’età di 19 anni si innamorò del suo primo ragazzo di nome Federico. Fu un amore platonico, non come questi di oggi, e anche molto contrastato perché la sua famiglia non voleva che lui si mettesse con me, con una serva. La signora ricca allora le fece conoscere un certo Egidio cameriere tuttofare presso una sua amica altolocata. Il matrimonio avvenne nel giro di un anno non si sa se dettato da esigenze di sopravvivenza o da un sincero e reciproco attaccamento. Lei smise di lavorare dalla signora ,mio marito non voleva, e la coppia trovò alloggio in una casa ammobiliata. Di fatto, dopo circa quattro mesi, lei aspettava già un figlio e l’attesa a suo dire non fu per nulla serena a causa di forti litigi per via di certe lettere anonime che la mettevano in guardia dai tradimenti del marito. Nel Dicembre del 63 nacque Rossella ma il marito non fu per nulla contento ’e fatta na femmena! E che naggia fa! mi disse quando la vide e non la toccò nemmeno. Questa frase non fu certo foriera di buone giornate. Continuavano le lettere e li nostri litigi divennero sempre più forti. Questa volta mi dava anche le mazzate. Esasperata dalle continue vicissitudini familiari A.C. pensò di chiedere aiuto alla signora ricca che si propose di  ospitarla per qualche tempo con la figlia piccola. Lei mi disse che potevo contare su di lei e così andai di nuovo in quella casa. Questa volta però non mi dava una lira e voleva che mettessi la bambina nell’ultima stanza di un lungo corridoio perché le dava fastidio quando piangeva.Trascorsi circa un anno così. Poi mi stancai e trovai da mangiare alla mensa della maternità a via San Pasquale. Lì mi portò una mia amica la stessa che un giorno mi disse che Egidio aveva una amante. Poi seppi che non era una amante perché lui si era proprio fidanzato con questa donna. Le aveva detto di essere scapolo e che l’avrebbe sposata. L’anno seguente Egidio ritornò sui suoi passi. I due cambiarono casa in ragione del fatto forse che A.C. era di nuovo incinta.Questa volta i nove mesi di gravidanza passarono tranquilli e a novembre del 66 nacque Mariaconcetta. Ma questo evento pur così lieto, passò in secondo piano rispetto a quello che successe nella primavera del 67 quando alla porta di A.C. bussarono i carabinieri. Cercavano Egidio per furto. Aveva rubato i gioielli della sua fidanzata. Mi dissero voi siete la sorella? Io svenni e mi portarono all’ospedale. La situazione familiare divenne insostenibile. Le giornate passavano tra continui litigi, tensioni inaudite e mazzate ‘a cecate il tutto davanti alla piccola Rossella di quattro anni che assisteva inerme. Nell’estate del 69 a seguito di un ennesimo violento litigio Egidio la portò al reparto di psichiatria del San Gennaro. Lui firmò una carta dove c’era scritto che ero stata io a picchiarlo. Mi tennero un paio di settimane e poi mi trasferirono al Leonardo Bianchi. Con il ricovero della signora in manicomio, la figlia Rossella fu messa in collegio dalle suore e Mariaconcetta , ancora piccola, fu affidata alla sorella. Egidio finalmente era libero! A Natale del  1970 A .C. ricevette  dal collegio la prima letterina di Natale della figlia Rossella. Qui la signora si ferma ed estrae dal suo portafoglio un pezzo di carta gualcito con i bordi  dorati in filigrana. Con grafia elementare c’e scritto: alla mia mammina adorata auguro che Gesù ti porti tanti soldini e tanta salute, così  puoi venirmi a prendere.Che potevo fare? Che avreste fatto? Volevo uscire e andare da mia figlia ma più volevo questo e più mi fermavano e io più mi agitavo fino a quando mi presero e mi legarono su un lettino …e io piangevo e dicevo …basta… basta. Poi venne qualcuno e mi poggiò delle cose metalliche alle tempie, mi mise una cosa di cuoio in bocca e mi fece una siringa e io tremai…tremai tutta quanta . Al Leonardo Bianchi A.C. rimase cinque anni. La struttura viene da lei così descritta stanzoni enormi … casermoni dalle pareti bianche umide e fredde …e vuote…gente distesa per terra o  accovacciata in un angolo…senza vestiti ...e lì mangiavano e  facevano pure la cacca e la pipì…poi non si conosceva mai il silenzio…boati, rimbombi, gente che gridava…si gridava sempre…anche le infermiere gridavano e trascinavano  il carrello dei farmaci…le rotelle metalliche rigavano il pavimento e facevano un rumore come di un fischio. Quando uscì nel 1975 andò a casa della madre con le sue due figlie. La prima, Rossella ,aveva crisi epilettiche e veniva assistita da un medico di Aversa. Egidio trovò lavoro al Banco di Napoli come usciere e dopo un ennesimo litigio andò via di casa. La cosa che mi ferì molto furono le parole di mia figlia che, sicuramente influenzata da mia madre, mi disse: mamma tu devi volere bene a papà. E una sera il papà ritornò con il proposito di voler riunire la famiglia. A.C. lo mandò via ma Lui mi disse tu sei sempre mia moglie e mi costrinse a stare con lui ancora una volta io sentii molto dolore …e rimasi incinta. Alla nascita della terza figlia di nome Annalisa, Egidio ne disconosce la paternità sostenendo che il concepimento è avvenuto durante il precedente ricovero di A.C. presso la struttura manicomiale. Questo episodio segna la fine definitiva dell’unione matrimoniale avvenuta con separazione legale nel 1976.  Gli anni che seguono la vedono affiancata dalle dame di carità di San Vincenzo che si prendono cura delle piccole figlie e la sostengono con forniture di cibo e provviste.Nel 78 viene ricoverata al policlinico per un angioma cavernoso epatico e preferisce affidare le bambine ad amici e non alla madre che sul concepimento di Annalisa nutre gli stessi dubbi di Egidio.
Nel 1982 il fratello di A.C, Luigi,.si suicida avvelenandosi. Vennero  a casa dicendo che mia madre voleva vedermi per una cosa importante ma io capii che qualcosa non andava.
Luigi lasciò la moglie , cinque figli e un astuccio vuoto di barbiturici che da tempo assumeva per via di quell’insonnia dovuta ai debiti da saldare.
Nel 1983 Annalisa ha 8 anni ed è tempo di prima comunione.Con l’aiuto della dame di carità A.C. organizzò una dignitosa festicciola per la sua ultima figlia ma questa, in preda ad una crisi di nervi, reclamava anche la presenza del padre ormai lontano. Mia madre le aveva inculcato l’idea  che io ero una cattiva mamma per lei e lei adesso voleva starsene con il papà. ..ma come facevo a rintracciarlo… io non sapevo più nulla di lui…non mi dava nemmeno più gli alimenti per le bambine
Nel 1990 la madre muore e non fa in tempo ad andare al matrimonio di Mariaconcetta la secondogenita di A.C. e  l’anno seguente, quando nasce il suo primo nipotino c’e ben poco da gioire perché nello stesso tempo il padre di A.C. muore suicida defenestrandosi. Venne qualcuno a casa mia a dirmelo ma io non ci andai…non ricordo perché… quel giorno pioveva …mi ricordo…come pioveva!
Nel 1996 anche Rossella  si sposa e nasce il secondo nipotino.
Attualmente A.C. possiede quattro cose raccolte in due buste di plastica che ogni sera slega e ogni mattina prepara come se dovesse ogni giorno partire, da venti o trent’anni. Mangia alla mensa dei poveri della chiesa di San Vitale a Fuorigrotta. Raramente accetta qualcosa dalle figlie e solo in cambio di qualche servigio  nell’illusione di quel viaggio intorno al mondo che nel suo immaginario sta sempre per intraprendere.
Ai suoi due nipotini forse un giorno racconterà la “vera storia della piccola fiammiferaia”.

DUE ANNI DOPO

Incontrai la sig.A.C. due anni dopo in una tersa mattina di primavera mentre, appoggiato al predellino, me ne stavo sull’ 1 che, sfrigolando e sferragliando, avanzava nella città vecchia.
Non dimenticherò il suo sorriso nel salutarmi ma soprattutto la meraviglia che mi colpì quando notai che al posto delle buste di plastica, aveva per mano i due nipotini che ella stessa ci tenne a presentarmi aggiungendo che finalmente adesso aveva a chi raccontare la sua triste e vera storia.
Addio Antonietta e grazie per avermi regalato una storia impareggiabile.

CONCLUSIONI

Come ho già accennato all’inizio, le pagine precedenti sono frutto di una trascrizione parziale di circa dieci sedute con la sig.A.C..
         Dal punto di vista teorico mi sembra evidente che la deriva della sig.A.C. la spingeva a raccontarsi e che la depressione era lo stato d’animo che le permetteva di farlo ed essere ascoltata dai suoi interlocutori (parenti, vicini, sacerdoti, psichiatri) aver dato importanza a questo suo desiderio, averlo ascoltato e valorizzato, le ha permesso di valutare quanto prezioso sia il racconto anche per le generazioni future e le ha consentito dunque di potersi identificare alla realtà di nonna che racconta ai nipotini la storia delle generazione che l’hanno preceduta ed in particolare di una donna che ha “acceso”, come la piccola fiammiferaia i figli-fiammiferi.
Sul piano clinico l’assunzione delle funzioni di nonna raccontatrice ha permesso alla paziente di dimettere i sintomi depressivi in quanto non più necessari a produrre il racconto-racconti che costituiscono il più importante patrimonio della sua esistenza.

Nessun commento:

Posta un commento