Questa canzone è una vera e propria preghiera. Ma al
contrario, cioè in senso inverso: normalmente le preghiere sono un dialogo fra
l'uomo (la creatura) e Dio. Il verso del dialogo è trascendente, mistico: dall'uomo
verso Dio; Nella preghiera l'uomo parla e Dio ascolta [preghiera]. In questa
canzone è il contrario. E' Dio che parla all'uomo, che si rivolge alla sua
creatura, dicendogli cosa Egli desideri e cosa farà per lui.
Alcune
interpretazioni che ho visto girando in rete parlano della canzone come una
canzone d'amore: il prendersi cura della persona amata, ad esempio. Questa è
certamente una interpretazione corretta, perché è indubbio che è di amore che
la canzone parla; tuttavia questa interpretazione non esaurisce nel dettaglio e
non spiega tutti i versi: ritengo che l'ipotesi della "preghiera al
contrario" sia più in linea e spieghi bene ogni singolo verso del testo.
Vedremo qui in seguito in dettaglio come e perché. Riprenderemo in seguito
questo discorso, e vedremo come l'interpretazione "preghiera al
contrario" in realtà non esclude l'ipotesi "canzone d'amore", ma
anzi: la prima comprende, e implica, la seconda.
La canzone
vuole mettere in risalto l'aspetto curativo, in senso spirituale, di Dio per
l'uomo. Non una cura materiale, quindi.
Si tratta di
una interpretazone strettamente personale, sulla cui ragione, attendibilità e
fondadezza discuteremo alla fine, dopo il commento letterale del testo.
Passiamo quindi ad una analisi verso per
verso.
Ti
proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che
da oggi incontrerai per la tua via.
Dio vuole
proteggerci dalle nostre paure. Le ipocondrie e i turbamenti qui hanno un significato ampio e non solo inteso come
ipocondria classica [ipocondria]. Così come l'ipocondria è la paura di avere
una malattia, l'ipocondria spirituale è la paura del male, oppure la paura di
perdere quanto abbiamo di prezioso nella vita, beni materiali o affetti. E'
quel senso di
attaccamento alle cose. Dio protegge l'uomo da tutto questo, perché se l'uomo
si affida a Lui, nessuna di queste cose può veramente ucciderlo o turbarlo,
anche se dovessero accadergli: nulla è veramente prezioso nella vita che non
possa essere perduto; "Perché chi vorrà salvare la
sua vita, la perderà; ma chi perderà
la sua vita per amor mio e del
vangelo, la salverà" [Mc 8,35] . Solo la fede in Lui non può essere
perduta: «Perciò vi dico: non siate
in ansia per la vita vostra, di quel
che mangerete, né per il corpo, di
che vi vestirete; poiché la vita è più del nutrimento e il corpo più del vestito» [Lc 12,22-23]. I turbamenti sono
tutti quelli stati di ansia, di non tranquillità che abbiamo. Ipocondrie
e turbamenti sono i segni delle
paure, delle incertezze dell'uomo che, cosciente dei propri limiti non può fare
a meno di questi stati. La paura è sempre segno di un amore non perfetto, di
una santità mancata:
«Nell'amore non
c'è paura; anzi, l'amore perfetto
caccia via la paura, perché chi ha paura teme un castigo. Quindi
chi ha paura non è perfetto nell'amore» [Gv 4,18].
Caratteristica
anche l'intenzione divina di guarire e di agire, operare, indipendentemente dal
beneficiario (tutta la canzone è infatti un monologo, l'oggetto d'amore
-l'uomo- non entra in dialogo). E Cristo stesso che è pro-attivo: "Gesù
gli disse: «Io verrò e lo
guarirò»" [Mt 8,7].
E' qui evidentissima come
chi parla è in particolare la Terza Persona della Trinità: lo
Spirito Santo; chiamato anche Spirito Paraclito, che vuol dire appunto
"consolatore": "Gli
rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà
la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" [Gv
14,23] . Quel "noi" è
proprio lo Spirito Santo [JR1].
E'
interessante l'espressione "da oggi". Questo "da
oggi" è da interpretare come l'atto di nascita della creatura umana, quel
momento subito dopo il nostro concepimento, in cui appunto lo Spirito Santo ci
da quel "bacio" che fa la differenza fra una creatura animata
qualunque e l'essere umano: "l'essere
speciale" appunto;
speciale proprio per la sua capacità di dialogare misticamente con Dio.
Tuttavia l'essere umano è e rimane una creatura legata alla sua
"carne" ossia alla sua essenza terrena e per questo non può che
essere limitata, destinata appunto alla paure e ai turbamenti, pur essendo
intrinsecamente protraibili verso il
Creatore.
Questo "bacio" gli garantisce però, per il solo fatto di essere
"creatura umana", la capacità di entrare in contatto con l'assoluto: "le
vie che portano all'essenza". Questo "da oggi" ci dice anche un'altra cosa interessante: il
momento in cui viene pronunziata questa "preghiera al contrario" da
Dio: è come se Dio dicesse questo a ognuno di noi, in un momento preciso:
quello del nostro concepimento; "da oggi incontrerai tutti questi
problemi, ma non temere; ci sono io vicino a te". Lo dice a tutti.
Ricordandoci la nostra natura di uomini.
Ma "da oggi" può avere anche valenza
relativa: "da oggi che ti sei convertito", "da oggi che mi
hai riconosciuto", "da oggi che mi stai amando". "da
oggi" può infine significare da questo preciso istante: ogni istante.
La mistica orante è come una nuova conversione ogni giorno, ogni ora, ogni
istante. "Ascoltate oggi la sua
voce: «Non indurite il cuore»"
[Sal
L'espressione "incontrerai per la tua via"
da un carattere fortemente assertivo a tutto il verso, un destino che è di
tutti gli uomini: Dio sa che l'uomo non può farcela da solo, quindi non
dice "che forse
incontrerai per la tua via" oppure "qualora li incontrassi per la tua
via". Dio non è una medicina da prendere quando si ha un problema. Egli
dice che "(certamente li) incontrerai per la tua via". Dio questo lo sa in quanto Creatore, e quindi ricorda
al suo amato "essere speciale"
che egli troverà comunque, nella sua vita, questo genere di turbamenti.
E' interessante la
sottolineatura di "tua via". Ora essendo Cristo la
vera via (dice infatti «Io
sono la via, la verità e la vita» [Gv 14,6]), ecco dunque che quando
l'uomo sceglie la propria via autonoma
(che è "tua" dal punto di vista narrante di Dio nel testo poetico)
incontra inevitabilmente i turbamenti, dovuti al proprio
smarrimento. Ma Dio è tenero e misericordioso: per tutelare e rispettare la
libertà dell'uomo, anche se abbiamo scelto la "nostra" via, che cioè
è diversa dalla sua, egli ci ricorda che ci è sempre vicino e possiamo sempre
riprenderci.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
La prima
affermazione dice due cose estremamente importanti: Dio afferma due cose su se
stesso, che cioè Egli è giustizia e verità. Infatti se protegge dalle ingiustizie vuol dire che Egli è giustizia.
Se protegge dagli inganni vuol dire che Egli è verità.
L'uomo non può trovare
giustizia nella materialità, ossia nell'assenza di Dio, in quanto tutto ciò che
è terreno è destinato a passare. E' imperfetto. Genera ingiustizia. L'uomo
infatti, con il peccato originale, con la conoscenza del bene e del male, ha
rotto l'armonia originaria che lo legava a Dio, confinandosi in un terreno di
isolamento e potenziale lontananza da Dio, auto condannandosi alla ingiustizia,
segno di limitatezza, imperfezione. Tutto questo non è esente dall'esperienza
quotidiana: la percezione dell'uomo (di oggi, come di ieri) di vivere sempre
nell'ingiustizia che lo circonda è dimostrazione che questa visione non è solo
speculazione,
ma concreta tangibilità.
Spesso l'uomo,
avvinto e deluso della ingiustizia e dagli inganni
del proprio tempo, di cui è
sempre comunque cosciente, nel tentativo di costruire da se giustizia e verità,
costruisce sistemi
ideologici volti alla ricerca di questi tanto desiderati modelli (vedi ad
esempio le ideologie totalitarie ma anche molte sterili filosofie) la cui
mancanza è sempre cocente.
Questi sistemi, però,
essendo a loro volta inganni generano ingiustizia, perché
non tengono al centro la vera essenza della giustizia
e della verità, cioè Dio stesso. Questo non vuol dire
che tutti i sistemi di pensiero che non comprendono Dio siano cattivi, negativi
o altri aggettivi del genere: se così fosse ricadremmo drammaticamente nella
trappola dell'ideologia e del fondamentalismo. Le parole inganni,
giustizia/ingiustizia e verità andrebbero qui interpretate
in senso ontologico, non letterale, e comunque mai legate al senso più comune e
terreno che intendiamo normalmente con queste parole.
"Ma chi opera la verità viene
alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state
fatte in Dio [Gv 3,21]"
"Le
opere delle sue mani sono verità e giustizia" [Sal 111,7]
"Comportatevi come
figli di luce, poiché il frutto della
luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità" [Ef 5,8-9]
Infine sempre
San Paolo nell'Inno alla Carità recita appunto che l'Amore "non
gode dell'ingiustizia, ma si compiace della
verità" [1Cor 13,6].
Interessante anche
l'espressione "del tuo tempo": come a dire che
ogni tempo ha i propri inganni e le proprie ingiustizie. Facile verificare
questo nel corso della storia: un tempo ad esempio la divisione in classi come
nobili e plebei generava forme di ingiustizia, sotto l'inganno del presunti
"diritti di sangue", che la rivoluzione francese ha storicamente
rimosso. Questo ha sanato certe ingiustizie... ma non le ha annullate. Infatti,
in seguito ci sono state molte altre ingiustizie: la schiavitù ad esempio. Oggi
diremmo la povertà del terzo mondo, e così via molte altre... ogni tempo le
proprie ingiustizie. Ogni tempo ne cura molte, ne genera altre. Non c'è via
d'uscita, se non la vera Cura, appunto: il Dio-Amore assoluto che tutto Cura. Non solo la Storia,
ma anche noi nella nostra vita abbiamo e sopportiamo ingiustizie e inganni
"nel nostro tempo" ossia in vari momenti della nostra vita: finire in
carcere ingiustamente, soffrire la povertà, essere succubi di qualche
ideologia, che ci distolgono dalla verità.
dai fallimenti che per tua natura normalmente
attirerai.
Poi il tema dei fallimenti.
I fallimenti non sono le nostre
delusioni, che pure sono una forma di fallimento dal nostro punto di vista. Ma
qui chi parla è Dio in Persona, che ha un altro punto di vista: quindi in questo
contesto i fallimenti sono le nostre mancanze, che non sono altro che
l'allontanamento da Dio. Semplicemente (e in modo anche ovvio) la Cura ai
fallimenti, cioè al peccato, è Dio stesso: come a dire "se ti allontani da
me, allora la Cura è riavvicinarti a me". Molto tenero qui l'espressione "per
tua natura normalmente attirerai", segno evidente della compassione
di Dio: come a dire "lo so che sei così, lo so che tendi a peccare (fallire)
ma non temere, ci sono io ad avere cura di te". Dio ci dice anche che
i nostri peccati sono sopportabili da Lui. "Dice
il Signore: «Anche se i
vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la
neve; anche se fossero rossi come
porpora, diventeranno come la
lana" (Is, 1,18).Egli spera
sempre in un nostro risorgere. Risorgere in Lui, con Lui, in Lui. Ecco perché
il termine normalmente.
Ma quel
normalmente è segno anche di una natura, ahimè, umana: è il segno tangibile del
peccato originale, che è insito nel profondo dell'uomo; In Genesi: "Il Signore Dio disse allora: «Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli
non stenda più la mano e non prenda anche dell'albero della
vita, ne mangi e viva
sempre!» [Gn 3,22]. Il battesimo
rigenera, ma non sradica questa natura: il libero arbitrio umano è preservato
indipendentemente dal peccato originale. Il verbo "attirerai" è
categorico e assertivo come lo era "incontrerai" nel primo verso: è
un Padre che conosce il proprio figlio, ne conosce i limiti come uomo ma anche
come singolo in particolare. Conosce il suo cuore e i suoi pensieri. Ancora,
quella assertività di "attirerai" è categorica proprio in funzione del peccato
originale: anche se il figlio se ne dimentica di tale peccato-condizione; il
Padre lo sa e glielo ricorda, ma lo fa con un tono paziente e affettuoso, senza
rancori o condanne. E' l'infinita misericordia di Dio: L' Amore è paziente e benigno,
dice San Paolo [1Cor 13,4]. Ma se Dio è Amore per definizione dunque l'amore
perfetto non può che prendere immagine da Lui.
Ti
solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore, dalle ossessioni delle
tue manie.
Sollevare qui è sinonimo di alleviare: il dolore non si può eliminare.
Perché si soffre? A volte si sente dire "se Dio ci ama così tanto, come si dice, perché
permette il dolore, la sofferenza, le guerre, la fame nel mondo etc...
?" E si sostiene che
"allora Dio non esiste". Ancora una volta egli è un Padre, non un
idraulico ripara-lavandini, cioè non è risolutore dei guai che noi uomini
grazie al male perpetuiamo. Egli è talmente rispettoso della nostra libertà che
ci permette di fare il male, a noi e ai nostri fratelli. Ma perché deve essere
così? Un mistero grande, al quale però neanche Dio stesso si è voluto sottrarre:
infatti Dio-padre ha inviato suo Figlio Gesù Cristo perché soffrisse come noi e
si caricasse di tutte le nostre sofferenze: ha subito l'ingiustizia,
l'ingiuria, la condanna, il dolore e la morte. Come possiamo rimproverare a Dio
delle nostre sofferenze se egli non se le è risparmiate neanche per se? Se c'è
sofferenza in questo mondo, e se questa è il prezzo da pagare per la nostra
libertà, allora un Dio che soffre insieme alla propria Creatura, è davvero un
Dio d'Amore perfetto: in questo modo è salva la libertà umana e anche quella di
Dio stesso che liberamente si è incarnato per andare in croce: un mistero
davvero grande!
Dunque sollevare dalle sofferenze, dare un
senso ad esse è ciò che veramente Dio può fare per il proprio uomo-figlio.
Gli sbalzi d'umore sono
segno di un'altra debolezza umana: la mancanza di fortezza (una delle quattro
virtù cardinali). Questa virtù può essere meglio espressa con le parole dei
Santi, che tendenzialmente non hanno questo tipo di sbalzi di umore: un primo esempio
è Elredo di Rievaulx monaco cistercense inglese del XI secolo, che commenta i
versetti Mt, 11,28-30: "«Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di
cuore; e voi troverete riposo alle anime
vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero»." e scrive: "Non
vorremmo, forse, avere più nulla da
desiderare? Più nulla da temere? E poi nulla da invidiare, nulla che potrebbe esserci tolto,
nessun male che potrebbe esserci arrecato
dagli altri ?". Un secondo e celeberrimo
esempio è quello della grande mistica e Santa Teresa D'Avila, che in una famosa
poesia recita: "Nada te turbe, nada te espante
/ Quien a' Dios tiene nada le
falta / Nada te turbe, nada te espante /
Solo Dios basta!" (Nulla ti
turbi, nulla ti spaventi / A chi è
vicino a Dio nulla gli manca / Nulla ti turbi, nulla ti spaventi / Solo Dio basta!).
Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
Superare le correnti gravitazionali vuol dire andare
oltre. Oltre la fisica, oltre il tempo e lo spazio ordinari, oltre la luce,
qui intesa in senso ottico-fisico. Sappiamo grazie alla teoria della relatività
(non dimentichiamo che Franco Battiato è laureato anche in Fisica) che la velocità della
luce è costante da ogni sistema di riferimento e al variare della velocità,
varia la percezione del tempo e dello spazio. Inoltre secondo le attuali teorie
fisiche unificatrici, energia e materia si equivalgono e sono l'una
trasformabile nell'altra, quindi qui "lo spazio e la luce" indica la
materia, le leggi fisiche del mondo, e non la luce intesa in senso spirituale.
Supererò vuol dire quindi: "Io, tuo Padre, andrò oltre per te per
fare anche te un oltre". Come può il Padre andare oltre da se, se è già
Dio? Mentre il nostro andare oltre è avvicinarsi a Lui, il suo andare oltre è avvicinarsi a noi:
farsi uomo con il mistero dell'Incarnazione.
Infatti dice Cristo: «Vi
ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me.
Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto
il mondo». Questo vincere
il mondo, vuol dire
appunto andare oltre. Oltre la morte, con la resurrezione. Oltre la fisica, con
la metafisica dell'essere. Ma perché Cristo, il Figlio Unigenito, avrebbe vinto
il mondo? Per non farci invecchiare appunto. Invecchiare vuol dire prepararsi ed
essere prossimi alla morte, ma non quella corporale, bensì quella dello
spirito: non farci invecchiare vuol dire darci la vita, la vita vera, quella
che è in Lui, per Lui e con Lui, qui sulla Terra. Gesù stesso chiarisce con
straordinaria efficacia la differenza fra il mondo-materiale e il mondo
spirituale, con
l'esempio
dell'acqua nel dialogo con la Samaritana: «Chiunque
beve di quest'acqua [quella del Pozzo, NdR] avrà sete di nuovo; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io
gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna» [Gv 4,13-14]. Questo
fa Cristo: supera le correnti gravitazionali (la fisica) per dare la vera vita
(con la metafisica del suo amore perfetto), resa alla Samaritana con l'immagine
della fonte d'acqua viva.
Questa
vera-vita è essenza e preludio di vita eterna per sempre: Cristo vince per noi
le correnti gravitazionali: la gravità è anche ciò che ci tiene fisicamente
ancorati a terra; Tuttavia queste correnti gravitazionali non impediscono di
sognare, di volare, di superare gli
spazi e noi
stessi. Detto in un altro modo se non si superano le correnti gravitazionali
(cioè le leggi della corruzione del mondo, la materialità etc..) allora siamo
destinati a invecchiare, ossia a morte spirituale, ciò che è contrario al
volere del Padre che appunto supera queste barriere (con e grazie al
Figlio Gesù Cristo) per noi; facendosi uomo come noi, ha reso esplicito il
fatto che noi uomini siamo dei; infatti nell'episodio della lapidazione: "I
Giudei gli risposero: «[...] ti
lapidiamo [...] perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Gesù
rispose loro:
«Non
sta scritto nella vostra legge: "Io ho detto: voi
siete dei"?" [Gv 10,30-34].
Vediamo cosa
dice Cristo prima di dare se stesso per il mondo, nella celeberrima preghiera
sacerdotale; prega il Padre affinché gli uomini siano "nel mondo senza
essere del mondo" e chiede: "Non prego che tu li tolga dal mondo,
ma che tu li preservi dal
maligno" [Gv
17,12-19], ossia prega per vincere le forze gravitazionali
del mondo che ci tengono ancorati a terra non fisicamente ("non
prego che tu li tolga dal mondo"),
ma spiritualmente ("che
tu li preservi dal maligno"); Queste sono le forze che ci
impediscono di volare in alto con la mente e con il cuore, "per non farci invecchiare", ossia preservarci
dall'invecchiamento, che è "il maligno".
E
guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale, ed io, avrò cura di te.
La cura del
Padre è tutta per i propri figli: guarire qui indica la guarigione spirituale.
Moltissimi sono le associazioni bibliche del curare, guarire, associate
all'azione purificatrice di Dio. Eccone alcune:
• “Io ho visto le sue vie, e lo guarirò; lo guiderò e ridarò le mie
consolazioni a lui e a quelli dei suoi che sono afflitti. Io metterò la lode sulle sue
labbra. Pace, pace a chi è lontano e
a chi è vicino», dice il SIGNORE, «io lo guarirò!» Ma
gli empi sono come
il mare agitato, quando non si può calmare e le sue acque cacciano fuori fango e pantano. «Non c' è pace per
gli empi», dice il mio Dio. [Is 57,18-21]
• «Tornate,
figli traviati, io vi guarirò
dei vostri traviamenti!» [Ger. 3,22]:
• “Ma
io medicherò le tue ferite, ti guarirò
dalle tue piaghe", dice il
SIGNORE [Ger.
30,17]
• "Ecco, io recherò ad essa medicazione e
rimedi, guarirò i suoi abitanti e aprirò loro un tesoro di pace e di
verità. [Ger 33, 6]
• «Io
guarirò la loro infedeltà, io li
amerò di cuore, poiché la mia ira si
è distolta da loro». [Os. 14,4]
• "Gesù
gli disse: «Io verrò e lo guarirò»".
[Mt. 8,7]
Si tratta
sempre di cure e guarigioni spirituali. Ma non sono per un essere
qualsiasi. Sono per un essere speciale.
E cosa ha di speciale l'essere umano rispetto a Dio che qui "parla"?
Non è forse l' essere simile a lui?
Guardiamo il racconto
della Genesi: essa non descrive una serie di fatti storici, avvenuti in un
qualche remoto passato, ma sono una metafora della metafisica dell'uomo. Dio crea il cielo, la terra, le creature,
tutto. Di tutte queste cose Dio dice che "erano cosa buona.”
Al sesto
giorno, a coronamento della sua opera espirme la sua volontà: "«Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme
alla nostra somiglianza" [Gn
1,26]. Notare l'uso del plulale
"facciamo": è la trinità tutta che agisce in questo istante; il credo
recita infatti "Per mezzo di Lui (il Figlio) tutte le cose sono state
create". Non è dunque solo il Padre che crea, ma lo fa per mezzo del
Figlio.
Dunque l'uomo è un essere speciale.
Perchè simile a Lui, in quanto portatore del suo Spirito (terza persona della
Trinità). Nella prima versione della creazione dell'uomo ], Dio "formò l'uomo dalla polvere della
terra, gli soffiò nelle narici
un alito vitale e l'uomo
divenne un'anima vivente" [Gn 2,7].
Riflettiamo su queste parole: quell'alito vitale è vita intesa non come vita
biologica, ma come vita spirituale; ecco dunque che l'uomo, essendo fatto a
immagine e somiglianza del suo creatore, vive in
spirito. A completamento della
sua opera, "Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed
ecco, era molto buono" [Gn 1,31]. Se prima dunque, senza
l'uomo la sua opera era solo "buona" ora con una creatura fatta a sua
immagine e somilglianza, è "molto buona": è l'essere speciale!
Io avrò cura di te: Come può un Dio che crea
una tale creatura, non averne cura? Naturalmente, essendo creato in spirito,
stiamo sempre parlando di cura spirituale...
Molto significativo a tal proposito l'essenza
dell'essere speciale, in questo passo di Isaia, [Is
43,2-5]
Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi,
essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato
e
la fiamma non ti consumerà,
perché io
sono il SIGNORE, il tuo Dio, [...]
Perché tu
sei prezioso ai miei occhi, sei
stimato e io ti amo,
[...]
Non
temere, perché io sono con te;
Vagavo
per i campi del Tennessee (come vi ero arrivato, chissà). Non hai fiori bianchi per me? Più veloci di aquile i miei sogni attraversano il mare.
Si
veda la nota [ESOTERISMO].
Lo Spirito Santo si trova in ogni dove: "come
vi ero arrivato chissà" sta a rappresentare il
fatto che lo
Spirito è come il vento che «soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito»" [Gv 3,8].
Ovunque Egli vaga, si aspetta fiori bianchi (ossia di essere riconosciuto in
santità) dalla creatura umana, fatta a sua immagine.
Ma il Padre ha grandi sogni
per l'uomo: più veloci di aquile. Sogni che vanno ben più in la
dell'ordinario. Sogni che attraversano il mare... con lo
Spirito, che vanno oltre. Solo l'uomo spirituale può intuire questi sogni: è il
sogno di Santità di Dio per la propria creatura, fatta a sua immagine: i fiori bianchi,
colore di purezza e Santità, tanto desiderati da Dio.
Interessante osservare
anche che l'aquila rappresenta la mistica più alta e sublime: è la figura alata
che nell'iconografia classica raffigura il Vangelo di Giovanni, appunto il più mistico
e alto dei quattro Vangeli.
Ti
porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Il silenzio e
la pazienza sono due indubbie virtù che vengono spontaneamente nella vita
spirituale.
La parola di
Dio si può ascoltare solo nel silenzio del nostro cuore. Silenzio vuol dire
soprattutto assenza di disturbi ("rumori") esterni, in modo da poter
orientare completamente la nostra mente verso l' Assoluto.
«Ogni creatura faccia silenzio
in presenza del Signore, perché egli si è destato dalla sua santa dimora» [Zc 2,13]
Silenzio vuol
dire anche distacco dalle cose materiali, che sono il "rumore" nel
quale siamo immersi. Anche questo fa parte della libertà (indipendenza da)
fattori esterni. Questo distacco non significa apatia o indifferenza:
tutt'altro. L'uomo spirituale continua a occuparsi di ciò
che è
necessario con l'energia, la forza e la determinazione; Silenzio non vuol dire
non ascoltare ciò che viene dal mondo esterno, oppure esserne indifferenti o
insensibili. Vuol dire che questa realtà non può prendere il sopravvento su di
noi, e che siamo sempre in grando di attuare un raccoglimento spirituale per
non essere travolti dalla realtà: essere invece protagonisti della nostra vita,
ma non da soli: insieme a chi ci "porta" questo silenzio. Il Silenzio
non è dunque solo "fisico" nel senso di assenza di suoni, ma anche e
soprattutto spirituale: tutti i momenti della vita, anche nel frastuono
chiassoso di una grande metropoli cittadina.
Tutto questo
non avviene grazie a noi. Ogni persona senza un grazia spirituale, non
riuscirebbe a contemplare il silenzio perchè lo vedrebbe vuoto e privo di
contenuto: ecco perchè "ti porterò". E' un dono
conseguente alla grazia stessa, quell'infusione d'amore che riceviamo con il
dono della fede.
«...non solo, ma ci gloriamo anche nelle afflizioni, sapendo che l'afflizione produce
pazienza, la pazienza esperienza, e
l'esperienza speranza. Or la
speranza non delude, perché l'amore
di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che
ci è stato dato» [Rm 5,3] e ancora «Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia,
di
benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza.» [2Col
3,12]
Avere pazienza
non vuol dire una sterile sopportazione, che di per se non è virtuosa, anzi può
creare stess e ansia.
La pazienza,
in senso spirituale, è un andare oltre, un concetto alto e sublime che ci rende
più simili a Dio. E un aprirsi sempe alla speranza, come dice San Paolo, senza
comunque rinunciare al nostro agire e ai progetti di tutti i giorni, purchè
siano orientati al bene e ispirati dalla preghiera e che non perdiamo la
pazienza a causa di essi: ancora, questo vuol dire essere profondamente liberi
(cioè non dipendenti) difronte al mondo che ci circonda. Anche in
questo caso
abbiamo bisogno della grazia: e infatti anche qui vale il "ti
porterò", perchè è sempre Lui che ci dona queste qualità: esse non
sarebbero proprie di un uomo preso da se.
«Quante volte noi
desidereremmo che Dio si mostrasse
più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un
mondo migliore ... Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno
abbiamo tutti bisogno della sua pazienza ... il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il
mondo è redento dalla pazienza di
Dio e
distrutto dall’impazienza degli
uomini. La sapienza del cuore contempla
anche la pazienza. Il tempo non scorre invano» [BNXVI]
Percorreremo assieme
le vie che portano all'essenza.
Torna ancora
il tema della via: come il verso "dai turbamenti che da oggi incontrerai per
la tua via", ora, dopo l'intervento di "cura"
divino, che ci può aprire gli occhi alla fede, all'amore assoluto mediante
l'ascesi, può iniziare il percorso mistico: quindi la via non è più "di turbamenti", ma "porta
all'essenza", cioè a Dio stesso. Percorrere assieme vuol dire
percorrere una via, come quella di un pellegrino. Il pellegrinaggio è
l'immagine di un'ascesi spirituale, ecco perché i pellegrinaggi e le imprese
similari, soprattutto quelle più impegnative attirano ancora oggi migliaia di
fedeli. E una via va appunto percorsa. Ricordiamo ancora una volta
Cristo quando dice «Io sono la via, la verità e la vita»
[Gv 14,6]). La verità e la vità è appunto l'essenza, la via è ciò che porta all'essenza, cioè
Cristo stesso. Cristo ci porta al Padre per la
sua via.
Osserviamo
come nel verso precedente in cui nella nostra via si incontravano turbamenti,
ora nella via di Cristo, si incontra l'essenza: un capovolgimento totale. E'
il tema sempre attuale della conversione: con-versione appunto vuol dire
cambiare orientamento, cambiare via.
"percorrere le via che portano all'essenza"
è un percorso ascetico (la via) e mistico (l'essenza) allo stesso tempo.
Il verso sul
piano poetico è sintesi sublime di mistica ricerca, ma anche di affettuosa
promessa di Dio: un Padre amorevole che ci prende per mano e percorre insieme a
noi la via per condurci a lui stesso: può sembrare contraddittorio, eppure
senza il suo aiuto non possiamo percorrere la
sua via.
Nella tradizione biblica
l'uscita dalla schiavitù d'Egitto del popolo ebraico è simbolo dell'uscita
dallo stato di peccato dell'uomo; Questo avviene precisamente con l'accompagnamento di Dio che percorre
idealmente la via insieme al suo popolo amato (immagine dell'uomo mistico). "(il) SIGNORE
Dio vostro che vi ha fatti uscire dal paese d'Egitto e vi ha liberati dalla
casa di schiavitù, per spingerti fuori dalla via per la quale il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha ordinato di camminare. Così toglierai il male di mezzo a te."
[Dt
13,5]. Più in la nello stesso Deuteronomio è più esplicita
l'azione redentrice, segno che la parabola della "fuga d'Egitto"
dell'intero popolo d'Israele, non è soltanto presunta rievocazione di un evento
storico, ma piuttosto immagine di un ascesi spirituale di tutti gli
uomini: "ti ricorderai che sei stato schiavo nel
paese d'Egitto e che il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha redento" [Dt 15,15]. Lo stato da cui si è "redenti" (cioè salvati) è
lo stato di schiavitù; schiavitù dal peccato.
L'essenza è l'essere
assoluto, Dio stesso. Dire "Dio esiste" è un concetto superficiale,
che non dice nulla su Dio. Dio, nelle Scritture, non dice mai di se stesso
"Io esisto". L'esistere è un concetto legato ad oggetti, animali,
uomini: tutti enti fisici legati allo spazio e al tempo. Ma Dio non è legato allo
spazio e al tempo. Egli ci porta a superare le correnti gravitazioni: non è
esistenza, è essenza. "Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!»" [Es, 3,14], reso in
ebraico con il
noto tetragramma YHWH. "Io sono l'essenza dell'essere" dice il
Signore. il problema dell'essere è il nodo centrale di tutta la metafisica, e
per i metafisici l'essenza di tutta la filosofia [Metafisica].
Un contrasto
attraversa tutto il verso: "percorreremo assieme"
esprime un concetto dapprima semplice, terreno, che rievoca banalmente l'immagine
di un padre che accompagna il figlio per la strada o per un sentiero. La
seconda parte invece è diametralmente sublime, mistica, metafisica: "le
vie che portano all'essenza",
l'essenza è Dio stesso, "colui
che è". L'essere è
ciò che distingue l'uomo da tutto il resto dalla materia per la semplice
ragione che è creato a immagine di Dio, che è appunto l'Essere. Con la
Creazione Dio trasmette questa essenza dell'essere all'uomo: non lo fa in un
momento storico come una lettura superficiale della Genesi potrebbe suggerire
[DEROSA]; lo fa ontologicamente, spiritualmente, fuori dal tempo e dallo
spazio, oppure, se si vuole, ogni giorno, ogni istante in tutti noi.
Vediamo brevemente come questa "essenza"
si manifesta in Gesù.
Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse nato, io sono» [Gv
8,58]; in questo contesto "prima di Abramo" vuol
dire "prima dell'inizio dei tempi" oggi diremmo "dall'eternità,
fuori del tempo". Ancora: "«Ve
lo dico fin d'ora [...] affinché [...]
voi crediate che io
sono»" [Gv 13,19] .Questi «io sono» esprimono la stessa essenza
del tetragramma YHWH, il nome sacro, ineffabile, inpronunciabile di Dio. In
altre occasioni Gesù esprime di lui la stessa dignità del Padre: «il
Padre è in me e che io sono nel Padre» [Gv 10,38]. Quando le guardie del
tempio vengono ad arrestarlo Gesù "uscì
e chiese loro:
«Chi cercate?» Gli risposero: «Gesù il Nazareno!» Gesù
disse loro: «Io sono» [...] Appena ebbe detto
loro: «Io sono», indietreggiarono e
caddero in terra. Domandò loro di
nuovo:
«Chi cercate?» ;
dissero: «Gesù il Nazareno». Gesù
rispose: «Vi ho detto che sono io;
se dunque cercate me, lasciate andare questi»" [Gv 18,4-8]. Al di la del significato più
immediato per cui Gesù asserisce di essere proprio il Nazareno che cercavano,
c'è qui un altro significato più profondo di quel «Io sono»: ossia non soltanto
«sono proprio io» ma anche «io sono l'essere», proprio come sul monte Sinai.
Qui, però, c'è uno stravolgimento della storia: mentre sul monte Sinai Mosè è
invitato a togliersi i sandali in quanto al cospetto di Dio, qui Gesù verrà
invece condannato, umiliato e crocefisso: al suo cospetto non c'è nessuno che
si toglie i sandali, ma uomini armati che lo arresteranno; ma essi difronte a
quel' «Io sono» indietreggiano e cadono a terra: questo spiega il senso
profondo di quel' «Io sono». C'è un parallelismo e una polarità fra le due
storie. Il loro forte contrasto, sarà superato solo con la Resurrezione, in cui
il Figlio mostrerà la sua gloria.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi, la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.
In un crescendo poetico, si passa ora a
descrivere in cosa consista e cosa comporta questa "via che porta all'essenza".
I profumi d'amore sono la fede
stessa che inebria, cioè ricopre, sovrasta i propri corpi. I corpi sono segno
della propria individualità, ma anche della propria materialità: la nostra
materialità dunque è ricoperta (inebriata) dai profumi d'amore. «L'amore
tutto copre, tutto spera», dice
San Paolo [1Cor 13,7].
Sono
venuto nel mio giardino, o mia
sorella, o sposa mia;
ho
còlto la mia mirra e i miei aromi;
ho
mangiato il mio favo di miele;
ho
bevuto il mio vino e il mio latte.
Amici, mangiate, bevete, inebriatevi d'amore! [Cantico 5,1]
La bonaccia
d'agosto (un vento favorevole, calmo, che assopisce e ci induce al
rilassamento) è, ancora una volta, l'istinto di attaccamento ai beni materiali,
al mondo: questo non prevarrà nell'uomo spirituale, orientato verso Dio: i
sensi (spirituali) non saranno da questi calmati. Infatti l'uomo spirituale
vive una tensione e costante, che pur non essendo ansia o malessere, è comunque
una energia interiore che ci fa protendere verso uno stato di continua ascesi,
di continua ricerca: l'uomo spirituale non ha mai i «i sensi calmi».
Tesserò
i tuoi capelli come trame di
un canto.
L'azione
tessitrice di Dio è segno che Dio agisce con pazienza, perseveranza, su di noi.
L'uomo spirituale spesso non vede le grazie di Dio manifestarsi immediatamente:
solo in un secondo momento si accorge e ne realizza la portata.
La tessitura fatta al
telaio è tradizionalmente una operazione lenta, paziente, che comporta
concentrazione, metodo, tempo. La tessitura è una operazione delle proprie
mani, frutto del proprio lavoro materiale: similmente Dio crea e ama la propria
creatura. Non è una creazione "tecnico-materiale". E' una creazione
d'amore e spirituale. Che avviene e si ripete giorno
dopo giorni, attimo dopo attimo.
Dio vuol fare
con i nostri capelli (come se fossimo sua sposa - esattamente la stessa
simbologia utilizzata nel Cantico dei Cantici) e ne fa trame di un canto. Le trame
richiamano le treccie dei capelli, ma anche le tessiture fatte a un telaio.
Le trame
sono il simbolo di quelle componenti spirituali nel profondo del nostro
cuore rispondono alla Sua voce. Il canto è anch'esso un forte simbolo
spirituale e mistico: da sempre l'uomo usa il canto per fini sacri:
gli stessi Salmi furono
concepiti per essere cantati e accompagnati con cedre e cembali. L'uomo
considera il canto come sublime perfezione della voce, uno straordinario dono.
Infine il verbo al futuro tesserò indica la continuità (non dice
infatti "ho tessuto" dando una connotazione passata di una azione
ormai terminata e non piu in atto); una continuità che si
ripete giorno
dopo giorno, per sempre; il futuro tesserò implica anche una promessa
incondizionata, continua: l'amore perfetto è l'oblazione totale, il darsi
completamente all'altro. Così fa Dio con noi.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò
dono.
Non solo l'intelligenza, la scienza e
conoscienza sono leggi del mondo, ma anche le leggi spirituali. Intelligenza,
scienza e conoscenza non sono ne buone ne cattive: esse non sono una virtù, ma
è l'uso che l'uomo ne fa che genera una virtù o un disastro! Ecco perchè alla
scienza e all'intelligenza degli uomini, Dio oppone la Sapienza che è un
concetto diverso. Non perchè intelligenza-scienza- conoscienza siano in se
cattive, ma non possono avere dignità Sapienzale agli occhi di un Dio che vede
le cose anche attraverso gli occhi dei semplici, degli umili, dei
"piccoli", quelli che non hanno ne conoscienza, ne scienza ne
intelligenza
(la storia dei Santi abbonda di questi esempi). Perchè il messaggio d'amore
(che è in ultimo la vera Sapienza di Dio) non può che essere per tutti,
indistintamente. Nessuno deve infatti frequentare nessun corso, nessuna scuola
per sapere cosa è l'amore: tutti gli uomini sanno di cosa si tratta, anche se
non tutti hanno la fortuna o la possibilità di praticarlo o di riceverlo come
si vorrebbe.
In questo verso "conosco
le leggi" sembrerebbe
riferirsi piu alla conoscienza-scienza, tuttavia è difficile pensare che questa
conoscienza possa essere fruttuosa da un punto di vista mistico. Evidentemente
si tratta di una espressione poetica per rappresentare piuttosto la Sapienza
Divina, trasmessa all'uomo per ispirazione degli uomini: la Terza Persona, Lo
Spirito.
TI
salverò da ogni malinconia,
La malinconia
non affligge certamente l'uomo spirituale. La tristezza non abita laddove c'è l'amore. La struggente inquietudine
neanche, perchè l'amore dà sicurezza. La depressione anche non fa parte delle
virtù spirituali perchè depresso è chi non si sente amato. Non si è
caratterizzati dalla propensione al pessimismo, pechè il pessimismo indica
mancanza di speranza e la speranza è virtù fondamentale dell'amore: «L'amore
tutto spera», dice San Paolo
[1Cor 13,7]. La chiusura in se stessi
e alla meditazione implica chiusura all'amore, perchè amare vuol dire accogliere
la diversità.
Perfino Dio
che è amore puro, deve "essere" in tre persone perchè per
amare perfettamente deve creare relazione: un Dio-Unico in una sola persona
come potrebbe "essere" amore, se non ha relazione alcuna con nessuno?
Invece un unico Dio-Amore in Relazione "è" in Tre Persone proprio per
rendere perfetto questo amore. L'amore non esiste senza comunione, e per essere
in comunione bisogna essere almeno in due (Padre e Figlio). Tuttavia il loro
amore va oltre e tale relazione e si chiama Spirito. L'uomo è partecipe di
questo amore in quanto creatura fatta a "sua immagine". Dice Cristo nella
celebre preghiera sacerdontale: "[Padre] fa che (loro) siano uno come noi (la
Trinità) siamo uno" [Gv 17,11].
La malinconina, ossia la perdita della
speranza non può essere conseguenza dello spirito in Dio, che essendo Amore, è
anche speranza. Egli "salva" dalla malinconia nella sua espressione
piu alta dell'amore: il sacrificio del Figlio incarnato. Ma questo sacrificio
non è
circostritto a
un momento storico della vita terrena del Cristo, ma sempre presente: questo
grazie alla Resurrezione nella Eucarestia che rendono Cristo vivo realmente e
sempre presente. Sono due nodi centrali per rendere permanente la presenza di
Cristo e rendere effettiva nel tempo la sua presenza: altrimenti non potrebbe
dire "ti salverò..." ma solo un "ti ho salvato".
perché sei un essere speciale ed io avrò
cura di te... io sì, che avrò cura di te.
Torna infine l'apice sensale di tutto il
testo: "L'essere speciale". Siamo una creatura speciale:
per due motivi. Il primo è che siamo creati
"a sua immagine" e frutto del suo Amore. Infatti cosa può avere
di più speciale questo essere (Notiamo qui la parola
"essere" intesa in senso spirituale come l'abbiamo discussa sopra)
che non il proprio spirito di Dio? Il secondo è che siamo talmente speciali che
il suo stesso essere in una delle sue Persone (Il Figlio) si è incarnato in un
uomo, Cristo Gesù.
CRITICA
E CONSIDERAZIONI SULLA
INTERPRETAZIONE
C'è da chiedersi
se quella qui proposta sia davvero la direzione "giusta"
interpretativa dell'opera di Battiato. In questo senso è molto difficile dare
una risposta. Per diversi motivi.
Il primo è che,
certamente, l'arte in generale è aperta a piu interpretazioni. E' vero che
l'opera d'arte è comunicazione, ma questa comunicazione non può e non deve
essere legata a quella specifica interpretazione/messaggio che intendeva
l'artista. D'altra parte se l'artista avesse voluto dare un messaggio esplicito
e diretto, non avrebbe fatto un opera d'arte ma piu semplicemente avrebbe
scritto un saggio o un testo di erudizione. Creare invece una opera d'arte apre
a piu linguaggi e a piu interpretazioni. Questo è il motivo per cui un artista,
a mio avviso, non dovrebbe mai commentare direttamente le proprie opere d'arte,
proprio per non ridurne il messaggio. Di un quadro, ad esempio l'artista
fornisce solo il titolo oltre la pittura stessa... di una canzone o una poesia
il testo, etc... esse parlano per quello che sono. Esprimono linguaggi
ineffabili, altrimenti perchè non usare la semplice parola o il dialogo ?
Questo è, a mio avviso, il senso dell'arte.
Non è quindi
molto ragionevole chiedersi se l'interpretazione sopra data sia effettivamente
quella intesa dall'artista, perchè non è questo il senso dell'arte. L'artista
non scrive un opera cone fosse un codice segreto che gli altri devono
"indovinare" oppure "decifrare". Se fosse così, l'arte
sarebbe ridotta a un gioco di enigmistica.
Tuttavia
abbiamo diversi elementi per ipotizzare che l'intento dell'artista non era
quello di esprimere in modo così articolato (come invece è stato fatto qui) ne
la verità ontologica secondo la dottrina Cristiana ne tantomeno il mistero
dell'incarnazione di Cristo o della Resurrezione. Infatti non ci sono elementi
espliciti di questa relazione. Abbiamo qui invece dato una interpretazione che
prende spunto da riflessioni di carattere spirituale e di ricerca dell'Assoluto
cui certamente si riferisce questa opera, e metterla in collegamento con una
visione che in ogni caso non è estranea all'autore.
Per quanto
riguarda poi la figura di Battiato, è un personaggio certamente molto
singolare: la sua nota passione per l'esoterismo, per la mistica in genere lo
rendono un personaggio talmente fuori da canoni precostituiti che è difficile
inquadrarlo in una qualunque ortodossia. Tuttavia l'ipotesi "preghiera al
contrario" fatta da un Dio-Amore mi
sembra in ogni caso una
ipotesi ragionevole che si avvicini all'intento originario dell'autore, e
questo al di la degli specifici approfondimenti che abbiamo affrontato qui e
che invece supponevano un contesto e un ottica esclusivamente e specificamente
Cristiana: è probabile che l'autore abbia attinto dalla dottrina cristiana
classica una buona parte dell'ispirazione di questa opera pur non rispondendo a
precisi paradigmi canonici.
Concludiamo con una
valutazione di carattere artistico-mistico: La spiritualità di Battiato (di cui
"La Cura" ne è un pilastro) rimane in qualche modo confinata ad un
contesto eccessivamente intellettualistico, pur essendo questa ricerca genuina
e intensa. Sembra che questa ricerca non arrivi a trovare in modo esplicito e
forte quello che tanto viene ricercato.
La passione per le scienze
esoteriche cui notoriamente Battiato si rifà (vedi ad esempio "L'era del
cinghiale bianco") non apre certo ad una visione essoterica, quale invece
è l'autentica realtà cristiana. Forse è anche per questo motivo che l'autore
usa l'espressione "conosco le leggi del mondo e te ne farò dono" e
non dice invece "Della Sapienza te ne farò dono": la "Cura"
sembra quasi una rivelazione segreta, basata su una conoscenza (gnosi)
riservata a pochi, piuttosto che una vera Sapienza, quella rivelata ai
semplici, ai piccoli; La conoscenza per Battiato sembra dunque destinata a
pochi eletti, piuttosto che a una moltitudine di persone di ogni tipo, razza o
condizione. La non esplicita essenza di questo "essere" che parla
sembra confermare una tale visione. D'altra parte tutta la canzone "La
Cura" sembra un bisbiglìo di un Dio-Essere che parla alla propria creatura
quasi in modo "segreto e personale"... quasi non volesse egli che
questa creatura rivelasse ad altri questa "relazione segreta" con
Lui. Non è questo certamente il Dio-Amore-Trinità del cristianesimo che invece
non si limita a una relazione Dio-Creatura ma coinvolge anche
Creatura-verso-Creatura. E' questa una ipotesi audace che lanciamo (e lasciamo)
al lettore a conclusione di questo lavoro.
Il
Testo completo della Canzone
La
Cura - Franco Battiato - da L'Imboscata, PolyGram
1996
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti
che da oggi incontrerai per la tua via. Dalle ingiustizie e dagli inganni del
tuo tempo,
dai fallimenti
che per tua natura normalmente attirerai. Ti solleverò dai dolori e dai tuoi
sbalzi d'umore,
dalle
ossessioni delle tue manie. Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la
luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da
tutte le malattie, perché sei un essere speciale, ed io, avrò cura di te.
Vagavo per i campi del Tennessee(come vi
ero arrivato, chissà). Non hai fiori bianchi per me? Più veloci di aquile i
miei sogni attraversano il mare.
Ti porterò
soprattutto il silenzio e la pazienza. Percorreremo assieme le vie che portano
all'essenza. I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia
d'agosto non calmerà i nostri sensi. Tesserò i tuoi capelli come trame di un
canto. Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono. Supererò le correnti
gravitazionali,
lo spazio e la
luce per non farti invecchiare. TI salverò da ogni malinconia,
perché sei un
essere speciale ed io avrò cura di te... io sì, che avrò cura di te.